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Ma non dovevo diventare come i Beatles?

by Gomer

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  • Compact Disc (CD) + Digital Album

    Lorenzo Pizzorno - voce e chitarra
    Filippo Piscopiello - chitarra e cori
    Andrea GIaro - basso e cori
    Gianluca Dominici - Batteria

    Testi e musiche di Lorenzo Pizzorno
    Arrangiamenti: Lorenzo Pizzorno e Gomer
    Sound Editing: Andrea Giaro e Filippo Piscopiello
    Registrato e mixato dai Gomer tra settembre e ottobre 2012

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1.
Il mio pubblico mi aspetta, devo accordare la mia accetta; le parole sono bombe ma c’è chi le sa schivare: è inutile che mi metta a gridare, l’imbecillità li salverà. Buona serata per questa serata, vado a squartarmi da solo anche oggi. Tornerò salvo, sono sicuro, ma per cosa ritorno se poi non c’è nessuno? Il mio tracciato mi ha fatto sperare mete che so che non raggiungerò mai. Ancora di nuovo lo stesso cammino: anche per questa notte mi sono ricreduto. Sono morto da un pezzo ormai: si è morti quando non c’è più vita, si è vivi quando ancora tutto si evolve, ci si evolve quando tutto non è mai come prima. Si è nuovi quando non si è morti. Si è nuovi quando non si è morti. Si è nuovi se non si è già morti.
2.
L’estate è falsa come gli occhi delle donne, come i miraggi da deserto, come le aurore boreali al polo. Da seduto metà del paesaggio si annulla nel muro grigio del balcone. I bambini che scorazzano nei miei ricordi, luccicano come un vetro in controluce. La mia sterile estate: estraneo anche all’elemosina di un contatto frivolo. Vago e vaneggio, perduto nell’ira e nella noia.
3.
Esistere a precipizio. Non vedo l’ora che tutto finisca in dissolvenza. Non ho la forza di far scattare la reazione, non sono stimolato, non so più scrivere, non so più l’inglese, non so più parlare, dove metterò i miei dischi, dove li metterò; non ho un bagaglio culturale adeguato all’esistere, non riesco a smettere di aspettare Godot, dovrei aprire una libreria: non ho imparato a essere responsabile eppure con tutto il moralismo in cui io sono sommerso e al quale aderisco dovrei essere il primo. Non riesco più a scrivere canzoni.
4.
Ma che bello 03:06
Ma che bello guardare fuori dalla finestra, vedere la neve in lontananza, saper che fuori è freddo da morire, restare solo come un cane rinchiuso al caldo della stanza, proprio bello! Ma che bello: sono le dieci di mattina e ancora non ho fatto un cazzo: vorrei star fuori a prender freddo, le giornate così non ritornano che a marzo, proprio bello! Ma che bello: dovrei comprarmi dei vestiti, metter venti euro di benzina, vorrei avere così tanti soldi che spendendoli mi scorderei anche chi sono e chi sei. Ma che bello: più o meno adesso accendo la mia prima sigaretta ed inizio a dipingermi il polmone; dovrei gettarla via e farla finita, ma oramai e la mia vita, getterei me stesso, ma potrei sempre darmi all’alcol: mi potrei bere del vino, qui alle dieci del mattino, ma che bello. Ma che bello se ad esempio tu partissi per un viaggio di dieci anni sulla luna, ed un guasto al motore ti costringesse a posticipare di un anno il ritorno: la vita mia sarebbe più tranquilla, i miei occhi non costretti a vederti, e la neve all’orizzonte sarebbe tutta mia perché hai perso ormai la golden share del mio cervello e tutto appare per intero così com’è realmente, e tanto tra undici anni sarò morto o sposato per cui il tuo ritorno non sarebbe che una piccola autobomba davanti al mio portone, ma che bello.
5.
Al compleanno della critica alla ragion pura non mi avete invitato, poco importa, però la freddezza del dopo “cù cù cù” mi ha lasciato irritato e basito. Dal bagno ho fatto tante telefonate, ho telefonato a tutti, tranne chi avrei dovuto veramente chiamare e tutti avevate il telefono spento, interessante. È colpa mia se son timido, timido? È colpa mia se son timido, timido? È colpa mia se son timido, timido? È colpa mia se son timido, timido? Quante cose si possono inventare in due giorni: ne invento molte ma non ne faccio una. E mentre architettavo di venire alla stazione tu eri già partita, il saluto è concesso ai pochi, a quelli della casta, e nella condizione di paria ho distrutto questo fine settimana, anzi questo mese di gennaio, gennaio paranoia dell’anno, è sempre gennaio. E i miei dolci amici devo averli stressati bene con le mie divagazioni amorose, e non sono mai riuscito a spiegarmi correttamente. È colpa mia se sono timido?! E’ colpa mia se sono timido?! Dalla padella alla brace Continuo a fare sempre gli stessi errori: sono diventato ridicolo. Io della vita non ho capito un cazzo e rovino la gente. Perdo, perdo, sempre tutto quello che costruisco, costruisco e non ho più la forza di rimediare, elemosinare orecchie per sbarcar le serate. Non ho spina dorsale e ho rovinato un rapporto mai iniziato. È colpa mia se son timido, metamorfizzo il mio modo di essere, baratto fiori con petardi, cinguettii con fucili, lacrime con iceberg: è giusto a questo punto essere odiati, ma come potrei altrimenti essere amato, essere amato? Sono logorroico e logorante, sono caca al sole, sono una carcassa al rogo, puzzo, e i paraocchi di figa e plastico sentimentalismo mi danneggiano irreparabilmente la mia tanto inneggiata visione stereoscopica delle cose; aspetto il Signore che agisca: un negozio di dischi o il seminario, la moglie o la morte, la moglie o la morte. (parlato) La timidezza e l’irosità mi hanno oramai danneggiato la vita; sono timido, iracondo, stupido, ed è colpa mia. Al momento avrei risposte più chiare sul da farsi e su come stanno veramente le cose e sarei apparso a brahama più intraprendente: perdente da sempre, da sempre.
6.
23 marzo 03:08
È il 23 marzo e tutto dovrebbe vivere, rinsaccati nel cranio premono i pensieri: smettiamo il dilavamento delle polveri. Forse è ora di un cambiamento, non volterò più pagina ma getterei tutto il libro: giù la maschera stretta, è ora di tornare; via il vestito di scena, la scena è finita. Le parole passeggiano in viottoli con i marciapiedi cacati da cani e piccioni ed io non voglio parlare mai più, ed io voglio stare sempre zitto. Tulipana secca, seccata mi rigurgiti il cuore sui piedi e sento chiaro il tum tum del game over: solide basi fatue, sciocche idee del futuro coi fiori, lungo la corta strada che separa l’uno dal due, realizzando la concretezza solo poi, sempre dopo l’amen: “La vita è finita, ammutolitevi in pace!”, ed io mi ero distratto nel coma etereo di un finale alla Hitchcock: brucio mentre sogno di sognare, impiccato ad un ponte durante una passeggiata nei cortili. Le infanzie di ognuno deflagrano limpide e veritiere in ogni finale e ti fanno la pernacchia solo quando vuoi morire. Che bella beffa è la vita: siamo a quarto giorno di guerra e tutto forse è inevitabile: fate come cazzo volete, tutti, io ho chiuso.

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released 18 February 2013

credits

released February 18, 2013

Lorenzo Pizzorno - voce e chitarra
Filippo Piscopiello - chitarra e cori
Andrea GIaro - basso e cori
Gianluca Dominici - Batteria

Testi e musiche di Lorenzo Pizzorno
Arrangiamenti: Lorenzo Pizzorno e Gomer
Sound Editing: Andrea Giaro e Filippo Piscopiello
Registrato e mixato dai Gomer tra settembre e ottobre 2012

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Gomer Pesaro, Italy

Gomer è un progetto musicale pesarese formato da Lorenzo Pizzorno (chitarra e autore dei brani), Gianluca Dominci (batteria), Andrea Giaro (basso) e Filippo Piscopiello (chitarra). Il gruppo, ispirandosi alla moglie del profeta Osea, Gomer, simbolo delle mille sfaccettature dell’amore, intende investigare le relazioni umane, passando da ambiti sonori oscuri e morbosi a situazioni più delicate. ... more

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